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Manifesto (ITA)
Il giornalismo non si fa chiedendo il permesso
Aprite questa newsletter con molta cautela.
Perché questo è uno spazio carbonaro in cui il giornalismo si muove nell’ombra.
Il Debrief è il nostro momento preferito di un’inchiesta perché è quando sbrogliamo la matassa ingarbugliata di un’indagine che finalmente inizia a prendere forma.
Ricostruiamo ciò che è accaduto, capiamo cosa si è scoperto e cosa fare con le informazioni ottenute.
Durante il Debrief prendiamo appunti, riconosciamo gli errori prima che diventino danni irreparabili. È il momento in cui capiamo se possiamo continuare o dobbiamo mollare. È lo spazio in cui decidiamo se pubblicare, come farlo, cosa rischiare, e con chi. Nel Debrief il giornalismo investigativo smette di essere un’intenzione e diventa un fatto. E per noi è l’unico modo possibile di cominciare.
Abbiamo deciso di aprire le porte a pochi eletti e rendervi parte di questo processo.
Benvenutə nel nostro e vostro Debrief.
In questo numero di Debrief:
Il giornalismo è morto: evviva il giornalismo!
Il giornalismo non sta morendo solo perché non si vendono più i giornali, perché la pubblicità è stata cannibalizzata dalle grande piattaforme della Silicon Valley, perché le redazioni – anche quelle dei new media – chiudono o si svuotano. Sta morendo perché ai giornalisti non è più concesso di informare il pubblico in modo davvero libero e indipendente.
Le strutture di comunicazione del potere – uffici stampa, pr, agenzie, staff, consulenti – hanno perfezionato le loro strategie dissuasive. Lavorano sempre più con un solo scopo: impedire ai giornalisti di raccontare quello che succede davvero, e trasformare il giornalista in un megafono pubblicitario della narrazione che provano ad imporre. Ogni richiesta diventa una procedura, ogni intervista si trasforma in un percorso burocratico. E chi si ostina a fare domande, a non accettare le risposte preconfezionate, viene ignorato, escluso, o – a volte – diffidato preventivamente.
Oggi chi detiene il potere – politico, economico o criminale – non ha più bisogno della stampa per comunicare. Attraverso i social, le dirette, ogni messaggio può raggiungere milioni di persone senza bisogno della mediazione dell'informazione. Il giornalista è diventato un ostacolo da evitare, non più un interlocutore necessario.
Oggi, in Italia e in tanti Paesi, raccontare fatti di interesse pubblico rischia di trasformarsi in un reato. Accedere a documenti o parlare con fonti giudiziarie è sempre più difficile. Scrivere un articolo che mette in discussione un potente espone a querele ed azioni risarcitorie temerarie. E mentre si moltiplicano leggi che limitano la libertà di informare, crescono influencer, content creator, media embedded che ripetono all’infinito le stesse quattro notizie del momento.
In questo scenario, l’inchiesta giornalistica è un’anomalia. Su 100 mila giornalisti iscritti all’albo in Italia, quanti si dedicano a investigare il potere con l’obiettivo di tutelare l’interesse pubblico? Pochissimi. E quei pochi che restano si scontrano con un sistema progettato per rendere impossibile l’accesso alle informazioni.
Come fa il giornalismo a resistere?
L’unico spiraglio di speranza arriva da tre strumenti:
I leaks – le fughe di notizie – sono uno strumento capace di svelare all’opinione pubblica documenti riservati e segreti custoditi nei cassetti di chi detiene il potere.
I whistleblower – chi denuncia dall’interno – sono persone disposte a rischiare tutto, spesso la carriera o la libertà, pur di rendere pubblici gli abusi, le ingiustizie e le corruzioni di cui sono testimoni.
Il giornalismo undercover è la frontiera estrema. È la pratica di immergersi nei luoghi più inaccessibili, fingendosi parte del sistema che si vuole raccontare, per osservare, documentare e rivelare verità che altrimenti rimarrebbero sommerse. Un approccio che richiede coraggio, preparazione e una buona dose di sconsideratezza, ma che ha il potere di riportare il giornalismo alla sua missione originaria: essere uno strumento di verità al servizio della collettività.
Con Debrief vogliamo raccontarvi storie che non sarebbero mai potute esistere senza una menzogna di fondo: quella sull’identità del giornalista. E vogliamo esplorare i metodi, i retroscena, le sfide, i rischi e le conseguenze di inchieste sotto copertura condotte in ogni tempo, in ogni parte del mondo.
Chi siamo noi e cosa è Debrief

Luigi e Sacha nell’emblematica via Fonti Coperte a Perugia, durante il IJF25
Questa newsletter è scritta da Sacha Biazzo e Luigi Scarano. Siamo giornalisti investigativi specializzati nella produzione di inchieste seriali e sotto copertura. Abbiamo prodotto documentari, libri, podcast e qualche nostra indagine potreste già conoscerla.
Sacha, per esempio, ha realizzato, tra le tante, Bloody Money, una video inchiesta sotto copertura in sette puntate che racconta come funziona il traffico illecito di rifiuti in Italia reimmettendo nel sistema corrotto un ex boss della camorra.
Luigi è autore di Gioventù Meloniana, l’indagine undercover sulla radicalizzazione del movimento giovanile di Fratelli d’Italia, il partito guidato dalla premier Giorgia Meloni, portata avanti infiltrando il partito con una giornalista per quasi un anno.
Insieme abbiamo firmato decine di altre inchieste sotto copertura, ma forse la più nota è Lobby nera, che ha svelato i rapporti tra la destra istituzionale e quella eversiva in Italia e i suoi piani corruttivi.
Abbiamo scelto questo nome, Debrief, perché il debriefing è il processo chiave di raccolta e analisi delle informazioni durante un'inchiesta sotto copertura. È il momento più divertente e al tempo stesso più angosciante di un’indagine: capiamo i limiti ma anche le potenzialità di un progetto, ragioniamo su dove si sia sbagliato in passato e cosa possa funzionare nel futuro. Questo è quello che faremo, con le inchieste nostre e degli altri: daremo voce agli autori, ne sveleremo i retroscena e vi racconteremo quali sono state le loro conseguenze.
Abbiamo deciso di scrivere questa newsletter perché pensiamo che, in un clima sempre più repressivo nei confronti dell'informazione, il giornalismo sotto copertura non solo sia il modo più efficace per esporre e raccontare dei fatti di grande interesse pubblico, ma possa essere anche un atto di disobbedienza civile a un sistema informativo e di interessi che vorrebbe i giornalisti sempre meno cani da guardia della democrazia, e sempre più cani da compagnia del potere.
Debrief è la nostra risposta a tutto questo. Il potere, in tutte le sue forme, in ogni parte del mondo, vuole censurare le inchieste giornalistiche. Sono storie spesso al limite dell'incredibile e noi ve le racconteremo.
Al prossimo Debrief,
Sacha e Luigi
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